giovedì 22 settembre 2022

La politica al servizio delle élites.

 di Silvana Niutta

L’egemonia occidentale contro l’economia multipolare. 
La crisi energetica ci porterà verso una recessione irreversibile?

Da anni assistiamo impotenti a decisioni peggiorative della nostra vita. Governi supertecnici, di unità nazionale, decreti legge o decreti sullo stato di emergenza, calati dagli esecutivi, con conversione in legge a colpi di fiducia, quindi, spesso neanche discusse in Parlamento, per quel che serve, dato che la legge elettorale e successive riforme, incostituzionale fin dall’introduzione del sistema maggioritario, non consente agli elettori di votare i candidati delle liste, ma un gruppetto di faccendieri e “yes-men”, collocati in collegi “sicuri”.

Assistiamo di continuo alle narrazioni all’unisono, divulgate dai media di stato e privati, o attraverso i quotidiani di grandi gruppi editoriali controllati da potenti lobbies o da Confindustria, alle ricette necessarie per salvare il pianeta dall’eterna pandemia, o di migliorare le nostre condizioni di salute, o gli effetti del cambiamento climatico, provocati da chi oggi si arroga il diritto di salvarci dal soffocamento da CO2, omettendo di considerare le esalazioni chimiche o l’avvelenamento da pesticidi per la produzione di massa, da una parte. Dall’altra, condannandoci a rinunciare al progressivo miglioramento del benessere collettivo conseguito dagli anni del boom economico. Hanno trasformato la ricerca scientifica e la sanità pubblica che, da diritto universale, è diventata un’interminabile attesa alle prestazioni e alle cure, oltre che un vaccinificio. Un siero per ogni starnuto. Mentre le altre cause di mortalità sembrano sparite dai manuali di patologia clinica.

Inosservanza e inattuazione della Costituzione, dove perfino l’art. 1, cardine di una Repubblica fondata sul lavoro e la sovranità popolare, è rimasto un principio sulla Carta, come pure l’art. 3, principio di uguaglianza formale e sostanziale. Stessa sorte agli altri articoli della Costituzione sulla sanità, sull’istruzione e la libertà di insegnamento, sulla libertà di stampa, sulla giusta retribuzione, sulla dignità della persona umana, l’art. 41 “l'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, da ultimo, ma non per importanza, la tutela del risparmio, causa aumento dell’energia e conseguente aumento dei prezzi su tutti i prodotti da trasformazione, etc.

Se andiamo a vedere più da vicino, a partire dalla seconda repubblica, la cui nascita coincide con l’entrata in vigore del trattato di Maastricht, vediamo un cambio di rotta accelerato, non solo in Italia, ma anche in molti altri paesi della UE.

Per meglio comprendere, sarebbe opportuno conoscere l’evoluzione dei trattati della comunità europea, ma il tema è così enorme che richiederebbe la pubblicazione di un’opera in diversi tomi.

Mi limito a dire che il preludio all’Europa di Maastricht è stato l’Atto unico europeo del 1986, che diede vita all’Unione Europea in direzione dell’adozione della moneta unica, modificando sostanzialmente i trattati del 1957 in un unico trattato affinché si rafforzasse il mercato interno ai paesi dell’Unione. Venne ridefinito il ruolo del Parlamento Europeo, che continua comunque a non svolgere la funzione legislativa, pur essendo un’istituzione elettiva, ma, da mero organo consultivo, può esprimersi sulle normative proposte dalla Commissione e può proporre modifiche agli atti adottati dal Consiglio d’Europa che, prima dell’Atto UE venivano adottate all’unanimità e dopo l’atto UE con la maggioranza qualificata dei 2/3.

Abbiamo superato il brocardo che definiva lo Stato moderno “Superiorem non recognoscens”. Data questa premessa, viene da chiedersi chi governa realmente gli stati membri? A chi è soggetta l’Unione Europea le cui norme e i trattati sono vincolanti per gli stati membri, superando perfino la cogenza delle leggi interne di rango costituzionale? 

Sono le organizzazioni internazionali e le istituzioni sovranazionali in grado di indirizzare e di governare democraticamente gli stati sottoposti rispettivamente alle loro linee guida e alla loro sovranità? 

A questo proposito possiamo dire che le istituzioni europee sono affollate da migliaia di lobbisti. Andrea Baranes, nel suo articolo “La lobby più potente del mondo”, pubblicato anche sul quotidiano Il Manifesto, nel 2014 ne contava 1.700 addetti per un fatturato di oltre 120 milioni di euro l'anno. Non parliamo di una multinazionale, ma dell'esercito di lobbisti che affolla le istituzioni europee a Bruxelles e della quantità di denaro fornita ogni anno da banche e altre imprese del settore per sostenerne le attività. Sono alcuni dei dati riassunti contenuti nel rapporto della Corporate Europe Observatory intitolato "la potenza di fuoco della lobby finanziaria"… e ancora, Al Parlamento europeo sono attivi gruppi come il European Parliamentary Financial Services Forum (EPFSF) che comprende membri del Parlamento e lobbisti finanziari per "promuovere un dialogo tra il Parlamento europeo e l'industria dei servizi finanziari". Questo dialogo comprende ad esempio inviti ai parlamentari per "seminari educativi sul trading dei derivati". Il forum è finanziato principalmente dai suoi 52 membri, tra i quali JP Morgan, Goldman Sachs International, Deutsche Bank, Citigroup e altri” ( https://www.huffingtonpost.it/andrea-baranes/lobby-finanza-parlamento-europeo_b_5116544.html ).

Vediamo, quindi, che siamo diventati sudditi di una architettura istituzionale che soprassiede alla sovranità di ogni stato membro qual è l’Unione Europea, come si può evincere dall’articolo di Baranes, neanche essa stessa sovrana, e a nulla valgono le Costituzioni antifasciste e anticapitaliste che tutelano diritti e interessi dei loro popoli, definendo il funzionamento dei poteri e la formazione delle leggi, quando entrano in gioco gli interessi di queste potenti élites. Attualmente, abbiamo i vertici delle istituzioni che eseguono ordini senza considerare gli effetti collaterali che avranno su tutto il territorio europeo. Possiamo definirci vittime sacrificali allo stesso modo del popolo e del territorio ucraino, dove si consuma una tragedia che metterà fine alla già squilibrata e civiltà europea, così come l’abbiamo conosciuta.


L’economia globale e i suoi Think Tank

Poche centinaia di persone tra imprenditori, giornalisti “accreditati”, sono annualmente invitati a consessi tenuti a porte chiuse e si incontrano in luoghi trasversali. Sono uomini della finanza internazionale, politici, accademici, imprenditori e società civile, alcuni capi di governo di tutto il mondo e giornalisti “accreditati”, mentre, eventuali manifestanti vengono tenuti a debita distanza da numerose forze dell’ordine pubbliche e private, affinché i cittadini, trattati alla stregua di sudditi, non vengano a conoscenza delle discussioni sul “bene dell’umanità” che si scambiano in questi luoghi, i cui effetti, però, si riversano sulla carne viva dei popoli.

Uno dei più consolidati fra questi consessi annuali è il Club di Bilderberg, che prese il nome dell’hotel in cui si riunì la prima volta, l'hotel de Bilderberg a Oosterbeek, vicino ad Arnhem, nei Paesi Bassi. Nato nel 1954, per iniziativa del banchiere Rockefeller, per contrastare l’antiamericanismo che cresceva, dopo la consapevolezza da parte di studiosi e intellettuali e, una da una decina di anni dopo le rivelazioni di wikileaks, dell’egemonia che ha preso piede, con ogni tipo di intervento antidemocratico, da parte degli USA che, con le loro basi militari disseminate in ogni dove e le loro guerre in giro per il mondo, hanno ridotto molti stati ad una sorta di protettorato. Il Gruppo Bilderberg comprende 130 membri, personalità nel campo economico, politico e bancario. I partecipanti trattano una grande varietà di temi globali, economici e fra gli invitati vi sono alcuni capi di Stato, ministri del tesoro e altri politici dell'Unione europea, ma prevalentemente i membri sono esponenti di spicco dell'alta finanza europea e anglo-americana. Le riunioni sono tenute in una città, che varia di volta in volta, con cadenza annuale (ad eccezione del 2020-2021, causa pandemia), l’ultima dal 2 al 5 giugno 2022 a Washington.

Il World Economic Forum (WEF), conosciuto anche come Forum di Davos, è una fondazione senza fini di lucro con sede a Cologny, vicino a Ginevra, in Svizzera, nata nel 1971 per iniziativa dell'economista ed accademico Klaus Schwab che non nasconde il folle progetto di prendere decisioni sul “bene” dell’umanità (secondo come da questi inteso). La fondazione organizza ogni inverno, presso la cittadina sciistica di Davos in Svizzera, un incontro tra esponenti di primo piano della politica e dell'economia internazionale con intellettuali e giornalisti selezionati, per discutere delle questioni più urgenti che il mondo si trova ad affrontare, anche in materia di salute e di ambiente. il Forum economico mondiale organizza ogni anno un meeting anche in Cina e negli Emirati Arabi Uniti e diversi incontri a livello regionale. Ufficialmente, si (auto)considera "impegnato a migliorare la condizione del mondo". In realtà è finanziato da circa mille imprese associate, in genere multinazionali con fatturato superiore ai 5 miliardi di euro, di diverse aree geografiche e settori industriali.  Le imprese associate sono quasi sempre leader nel proprio settore o Paese e hanno un ruolo chiave nell'orientarne gli sviluppi futuri e indirizzare l’attività delle ONG. Il Forum di Davos definisce anche le varie agende dei governi europei, in Italia l’agenda prevista nel 2010, denominata agenda 2020 (realizzata con tagli di spesa alla sanità, ai servizi, al welfare con le riforme strutturali dai governi di centrosinistra), ragione per la quale, vista la continua regressione sociale ed economica di centinaia di migliaia di famiglie e di giovani, il M5S riuscì a prendere un largo consenso elettorale, governando nella prima parte con la Lega, dove riuscì ad attuare due correttivi importanti, quali il Reddito di Cittadinanza e Quota 100, per poi resuscitare l’agonizzante Partito democratico, e votando, infine, la fiducia al “migliore fra i banchieri” come presidente del consiglio. Giusto perché, a seguito della pandemia, si decideva di fare un Piano Nazionale di Ricostruzione e Resilienza (PNRR) per indirizzare la spesa di fondi dati in prestito agli stati nazionali allo scopo di creare nuovi sistemi e infrastrutture per veicolare meglio dati personali debitamente fruibili all’occorrenza e capitali. Tutto ciò in cambio si riforme strutturali, affinché i profitti fluiscano sui conti, magari “off shore”, delle solite élites internazionali del farmaco, della comunicazione, dell’energia, delle armi e per l’ulteriore privatizzazione di beni pubblici e beni comuni, quale l’acqua, e la concessione dei servizi a privati. L’agenda 2030, all’interno della più vasta agenda 2050, entro cui realizzare con una serie di stati di emergenza (pandemia, guerra, crisi energetica e ambientale) prevede anche la distruzione “creativa”, come ebbe a definirla lo stesso Draghi, delle Piccole e Medie Imprese (PMI) a favore delle solite multinazionali predatrici di diritti, salute, lavoro e reddito, in cambio di prodotti “spazzatura” di massa e di sorveglianza totale. 

Quello che attualmente sta avvenendo è sotto gli occhi di tutti, la speculazione sul costo del gas, che ha visto la realizzazione di extraprofitti di 7 mld da parte delle compagnie energetiche in soli sei mesi, a discapito dei bassi salari o della loro perdita da parte dei lavoratori che ogni crisi o stato di emergenza trascina con sé (qui, si profila un rastrellamento dei pochi risparmi, collegato all’incremento dell’inflazione che passa da quella dichiarata e voluta dalla BCE 2%,  che oggi tocca la percentuale del 10%, sempre dichiarata, ma che in realtà potrebbe essere di gran lunga superiore). Pagare di più per avere di meno. 

Mescolando l’insieme ne vien fuori che i cittadini e i lavoratori, diventano meri consumatori costantemente controllati e vessati da un regime di sorveglianza capitalistica con l’identità digitale e il QR code. Strumenti per la concessione o la detrazione di crediti sociali, secondo quanto si è ritenuti più o meno disciplinati e obbedienti ai diktat di regime sull’obbligo vaccinale, sulla riduzione del consumo energetico e dell’acqua, con razionamento delle erogazioni, adeguamento delle abitazioni alle direttive europee con ecobonus che appaiono, per poi sparire se fanno male alla finanza globale. Infatti, la cessione del credito per le ristrutturazioni è un incremento di moneta circolante e, come tale, moltiplicatore keynesiano.

 La Commissione Trilaterale, con sede a Parigi, nel suo sito viene definita come un’associazione privata, fondata nel 1973 da un gruppo di cittadini Nord Americani, Europei e Giapponesi con la finalità di offrire ai soci un forum permanente di dibattito per approfondire i grandi temi comuni alle tre aree interessate, diffondere l’abitudine a lavorare insieme per migliorarne la comprensione e fornire contributi intellettuali utili alla soluzione dei problemi affrontati. Per raggiungere questi obiettivi, la Commissione Trilaterale ha seguito fin dall’inizio tre principi di fondo: lavorare su un piano di parità, riconoscere l’importanza degli organismi multilaterali ed evitare azioni unilaterali. Oltre agli altri componenti, spiccano diversi nomi italiani AD di importanti settori economici, il senatore a vita Monti (di cui ricordiamo le “gesta” del suo governo, definite misure “lacrime e sangue”) e il politico Enrico Letta. Nell’ultimo anno poi, vedi i casi Renzi, Toti e Carfagna, alcune di queste strutture sono state utilizzate come rampa di lancio per la nascita di nuovi soggetti politici ( https://www.openpolis.it/esercizi/think-tank-e-fondazioni-una-politica-che-cambia/ ).  Il progetto è sempre lo stesso: istruire e fidelizzare politici, in modo da eseguire determinati progetti all’interno dei governi, per favorire il modello finanziario ed economico egemone statunitense e delle lobby.

The European House - Ambrosetti, per comodità “Forum Ambrosetti”, un Think Tank privato, ritenuto tra i più indipendenti al mondo e tra i migliori in Europa, nell’ultima edizione del “Global Go To Think Tanks Report” dell’Università della Pennsylvania. Queste cose ci riempiono di orgoglio (detto ironicamente e tristemente). Anche questo ha riunioni con cadenza annuale a Cernobbio, dove vengono invitati, oltre agli AD delle più importanti aziende e imprenditori “succursali”, anche il primo ministro attuale e quello che loro ritengono debba essere per il futuro, quelli che già hanno servito bene in passato e molti politici dei cosiddetti partiti del mainstream.

Da non trascurare l’Aspen institute, un'associazione privata, indipendente, internazionale, apartitica e senza fini di lucro caratterizzata da approfondimento, discussione, scambio di conoscenze, informazioni e valori.

La comunità Aspen è composta da Soci Sostenitori, Soci Ordinari, Amici di Aspen, Aspen Junior Fellows, Aspen University Fellows e Aspen Junior Fellows Alumni. Dai loro contributi l'Istituto trae le risorse necessarie per il proprio funzionamento. Il network internazionale Aspen è composto da altri centri di attività - indipendenti ma coordinati - con sede negli Stati Uniti, in Francia, Germania, Giappone, India, Romania, Spagna, Repubblica Ceca, Messico e Ucraina.

The Aspen Institute nasce negli Stati Uniti nel 1950 per iniziativa di un gruppo di intellettuali e uomini di affari americani convinti della necessità di rilanciare il dialogo, la conoscenza e i valori umanistici in una realtà geopolitica internazionale complessa e in evoluzione, appena uscita dalla devastante esperienza della Seconda Guerra Mondiale. In Italia l'Istituto inizia la propria attività nel 1984 con una forte caratterizzazione transatlantica, oggi ancora ugualmente molto presente. Ha attualmente una sede centrale a Roma, un ufficio a Milano e uno a Venezia.

L'Istituto si concentra sui problemi e le sfide più attuali della politica, dell'economia, della cultura e della società, con un'attenzione particolare alla business community italiana e internazionale. Il "metodo Aspen" privilegia il confronto ed il dibattito "a porte chiuse", favorisce le relazioni interpersonali e consente un effettivo aggiornamento dei temi in discussione. Attorno al tavolo Aspen discutono leader del mondo industriale, economico, finanziario, politico, sociale e culturale in condizioni di assoluta riservatezza e di libertà espressiva (https://www.aspeninstitute.it/istituto/identita-e-missione ) .


L’Istituto Bruno Leoni è nato nel 2003 per promuovere le “idee per il libero mercato”.

L’IBL vuole dare il suo contributo alla cultura politica italiana, affinché siano meglio compresi il ruolo della libertà e dell’iniziativa privata, fondamentali per una società davvero prospera e aperta.

L’IBL prende a modello i think tank anglosassoni: centri di ricerca non profit, indipendenti dai partiti politici, con lo scopo di offrire un contributo al dibattito pubblico.

Le idee proposte da IBL, sul terreno delle politiche concrete, vogliono dare maggior respiro alla società civile e autonomia alle persone, restituire risorse all’economia, liberare la concorrenza e gli scambi e così costruire più benessere e ricchezza per tutti.

La sua ricetta è uno slogan che conosciamo: Il ritorno delle riforme. L’unico modo per uscire da una stagnazione pluridecennale è mettere mano ai fondamentali: liberare l’economia italiana! 

Scopo principale dei suoi studi è la privatizzazione e la concessione dei servizi. Ogni anno pubblica un rapporto sugli obiettivi raggiunti e propone dei correttivi.

( https://www.brunoleoni.it/ )


Neanche gli atenei italiani sono indenni dall’ingerenza di appositi supervisori interni ed esterni che ne determinano la mission indirizzando la ricerca e la didattica con linee guida predefinite sul modello egemonico degli interessi di poteri globalisti, perdendo spesso quella che è l’etica e la visione di sviluppo socioculturale ed economico volte a migliorare il benessere e l’esistenza della collettività. Non tutto il corpo docente si trova d’accordo e qualche volta si trova giusto qualcuno che ha il coraggio di dissentire.  Mi rendo conto che non è facile. 

Superfluo dire che, quasi in tutti i talk show televisivi, il 90% dei presenti è composto da conduttori, opinion makers, giornalisti, membri dei comitati tecnici graditi o appartenenti ai centri di studio o Think Tank sopra elencati, che sono poi i consulenti dei nostri politici e ministri, ma che svolgono anche la funzione di veicolare la narrazione dominante.

Brevemente, altri Think Tank regionali e di settore: Act Tank Sicilia per lo Sviluppo economico, sociale e culturale della Sicilia nel quadro nazionale ed euro-mediterraneo, Meridiano Sanità, con l’obiettivo di elaborare riflessioni strategiche, stimolare il dialogo sul futuro della sanità in Italia e individuare azioni di miglioramento del nostro sistema sanitario con il fine di tutelare la salute e il benessere delle persone (questo è da vedere), Think Tank Basilicata e Think Tank Liguria, fra gli sponsor figura la Esso. In fine il Think Tank “Welfare, Italia, che merita qualche informazione in più.

Il Rapporto Strategico 2021 Think Tank “Welfare, Italia” è stato presentato durante un Forum che ha coinvolto alcuni attori chiave della classe dirigente del Paese, per attivare – con il contributo di relatori nazionali e internazionali – un confronto costruttivo (?) sulle questioni più importanti e trasmettere gli indirizzi e le proposte di policy per l’ottimizzazione e la valorizzazione di tutte le componenti del sistema di welfare nazionale. Si prefigge il ridisegno del sistema di welfare nel nuovo quadro del PNRR. Tale focalizzazione è stata declinata all’interno di quattro sessioni con focus su economia, sanità, lavoro, previdenza e politiche sociali, e società. Già è sufficiente vedere chi siano i membri del comitato scientifico per farsi un’idea della “sensibilità” dei personaggi in materia di welfare: Veronica De Romanis (Professore di Politica Economica Europea, Stanford University di Firenze e LUISS di Roma); Giuseppe Guzzetti (Avvocato e Filantropo; già Presidente, Fondazione Cariplo); Walter Ricciardi (Presidente, Mission Board for Cancer, Commissione Europea; Coordinatore del Comitato Scientifico, Human Technopole; già Presidente, Istituto Superiore di Sanità); Stefano Scarpetta (Direttore Dipartimento di Employment, Labour and Social Affairs, OECD); Valerio De Molli (Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti), tutti individui, come si vede, facenti parte di altri incarichi di “prestigio”. Ovviamente o molto probabilmente, le parti sociali (per quel che vale la loro presenza) vengono escluse dalle riunioni. ( https://www.ambrosetti.eu/think-tank-ambrosetti/ )

153 le strutture censite da openpolis dal 2015 ad oggi. 

Al link https://www.openpolis.it/esercizi/think-tank-e-fondazioni-una-politica-che-cambia/ potrete leggere un certo numero di nomi appartenenti a Think Tank, tanti sono AD di grandi aziende, tra cui anche nomi insospettabili, ma alcuni dei quali ora fanno parte della grande famiglia politica italiana generata dalla seconda repubblica, incistata nei gangli più delicati di organi costituzionali e delle nostre istituzioni.

Particolare menzione merita anche il Washington consensus che ha deciso 10 punti strategici per garantire il buon funzionamento del meccanismo di mercato e sulla ricerca di un equilibrio dinamico tra il mercato e l’intervento dei governi:

Una politica fiscale molto disciplinata volta a evitare forti deficit fiscali rispetto al prodotto interno lordo;

Il riaggiustamento della spesa pubblica verso interventi mirati: si raccomanda di limitare "i sussidi indiscriminati" e di favorire invece interventi a sostegno della crescita e delle fasce più deboli, come le spese per l'istruzione di base, per la sanità di base e per lo sviluppo di infrastrutture;

Riforma del sistema tributario, volta all'allargamento della base fiscale (intesa come somma globale delle singole basi imponibili) e all'abbassamento dell'aliquota marginale;

Tassi di interesse reali (cioè scontati della componente puramente inflattiva) moderatamente positivi;

Tassi di cambio della moneta locale determinati dal mercato;

Liberalizzazione del commercio e delle importazioni, in particolare con la soppressione delle restrizioni quantitative e con il mantenimento dei dazi ad un livello basso e uniforme;

Apertura e liberalizzazione degli investimenti provenienti dall'estero;

Privatizzazione delle aziende statali;

Deregulation: abolizione delle regole che impediscono l'entrata nel mercato o che limitano la competitività, eccetto per quel che riguarda le condizioni di sicurezza, di tutela dell'ambiente e di tutela del consumatore e un discreto controllo delle istituzioni finanziarie;

Tutela del diritto di proprietà privata.

Il W.C. (l’acronimo lo definisce per quel che è) indica, nello specifico, un paradigma di sviluppo imposto dalle istituzioni di Bretton Woods ai Paesi debitori, e prevede l’adozione delle seguenti riforme: stabilizzazione macroeconomica, liberalizzazione dei commerci, degli investimenti e finanziaria, privatizzazione e deregolamentazione. Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale prestatori di fondi ai paesi in via di sviluppo in cambio di riforme strutturali. Austerità per tutti. Il mantra di una generazione di tecnocrati ed economisti messo a dura prova nell'eurozona: dove poi si scopre che più si taglia, più cresce il debito in rapporto al PIL.

Le riforme del W.C. sono state applicate negli anni a tutti i paesi sotto l’ombrello deli USA. In Italia, a partire dal 1992 (con Maastricht che stabilisce un rapporto debito/PIL al 60% per un debito sostenibile degli stati dell’eurozona, un tetto alla spesa pubblica annua in rapporto al PIL non superiore al 3%, anzi, la percentuale è riducibile quanto superiore è il gap fra il debito pubblico e il PIL stabilito come ottimale al 60%, con sorveglianza speciale dei bilanci di quegli stati membri più a rischio, come l’Italia, col Patto di stabilità introdotto con i regolamenti six pack e two pack, una proposta sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri).

Ovviamente, dire che la privatizzazione delle aziende di stato e dei servizi e la riduzione degli investimenti producano un aumento del debito, ormai lo capiscono anche i sassi. Ma i governi del centrosinistra hanno realizzato alla lettera queste riforme, a partire dal governo Prodi fino all’ultimo governo a trazione draghiana, nonché del prossimo governo di destra che si profila per ragioni di mera alternanza, ma che non si discosta da piano imposto dal capitalismo predatorio, attraverso la cosiddetta agenda Draghi di cui nessuno conosce forma e contenuti. Possiamo presumere da “sfacciati avvertimenti” che gli effetti vedranno sprofondare il Paese nella crisi più grave dagli anni del dopoguerra, giustificata da pandemia, conflitto russo-ucraino, crisi energetica e ambientale.

 Nell’attuale scenario di guerra, i cittadini europei e gli ucraini saranno le vittime sacrificali dell’obiettivo egemonico economico e culturale degli USA.

Ma questi governi hanno fatto molto di più. Hanno ignorato e perfino manomesso la Costituzione con la riforma del Titolo V, per quel che riguarda l’interesse generale, cui dovrebbero rispondere le leggi emanate, in cambio del vincolo ai trattati e alle norme internazionali che garantiscono l’arricchimento di un manipolo di avventurieri, cui viene dato potere di vita e di morte senza replica. le leggi Treu e Biagi sulla flessibilità, precarizzazione e frantumazione dei contratti di lavoro, fino al Jobs act del governo Renzi, la riforma delle pensioni e l’introduzione del pareggio di bilancio, col governo di unità nazionale presieduto da Monti.

Cosa ci aspettiamo da questi pensatori di eccezionale prestigio interplanetario? Che tirino fuori il coniglio dal cilindro per rimediare al fallimento dei loro disegni criminali che, sulla carne delle persone hanno e avranno ancora effetti di distruzione di massa? 

Nel mentre i paesi europei, carenti di materie prime, ma grandi trasformatori e lavoratori di fino artigianato e industriale dei loro prodotti, stanno diventando un deserto, dove tutti i settori discussi nei Think Tank hanno visto, nell’ultimo trentennio, un declino progressivo in merito alla salute, al benessere, al lavoro, alle tutele, ma hanno visto senz’altro un’enorme spostamento di ricchezza in mano a pochissimi individui senza scrupoli che dirigono i fili di marionette che dirigono partiti senza alcuna morale e presiedono i governi a botte di restrizioni dei diritti fondamentali dei cittadini più o meno abbienti, ma che non sono certo la preoccupazione principale di quei consessi iperliberisti che si arrogano il diritto di gestire beni e aziende pubbliche costruite negli anni dall’intelligenza creativa e dalla capacità lavorativa dei nostri padri o da uomini del calibro di E. Mattei. E mentre nel 21° secolo i signori giocano ancora alla guerra, assistiamo sgomenti all’avventurismo e al cinismo dei migliori “uomini di prestigio internazionale”, che assurgono a personalità di “eccellente” esperienza tecnocratica e sostengono conflitti nel cuore dell’Europa e nel mondo, spingendo l’intero pianeta verso un disastro senza ritorno.

**La descrizione dei Think Tank è stata ricavata in massima parte dal proprio sito